di Ludovica Spigone-
Se la vacanza, nel suo significato etimologico, rappresenta l’essere libero, vacante in una condizione di riposo, l’esigenza delle “ferie” nasce in seguito alla rivoluzione industriale e alla diffusione del lavoro in fabbrica per i lavoratori di quel tempo che potevano godere della domenica e delle poche festività religiose in calendario quali uniche giornate di riposo. Tale necessità, emergente da condizioni lavorative lontane dai principi di diritto e di tutela del lavoratore nei luoghi di lavoro, era perlopiù sconosciuta nella vita della gente contadina regolata dai cicli stagionali in sintonia con la vita agricola, seppur connotata dal duro lavoro nei campi, dalla povertà, dalle condizioni atmosferiche avverse e dalle epidemie di quell’epoca. La vacanza di quel tempo, nella tradizione popolare e religiosa, era dunque affidata alla “festa” quale momento di vita sociale, di culto pubblico e privato che, interrompendo il lavoro produttivo, induceva l’animo ad uno stato di euforia ed a momenti conviviali vissuti nell’eccesso. Il rito della festività tramandato per secoli dal popolo contadino alimentava l’identità e il senso di appartenenza alla comunità, comunque in sintonia con il vivere comune, seppur di fronte a tante avversità. L’uso del sostantivo “ferie” nel suo significato di “periodo festivo, di riposo per lo più estivo”, fa comprendere come la ritualità collettiva dei nostri progenitori abbia smarrito nella civiltà moderna il suo significato primordiale. Il rituale della vacanza sembra ripetersi, ma è oggi riconoscibile negli spostamenti di massa per raggiungere questa o quella meta che, monitorati in termini di traffico automobilistico, vengono codificati in giornate di bollino rosso o nero. Il sistema capitalistico che caratterizza la società contemporanea ha di fatto assorbito ed espropriato il tempo libero di “non lavoro”, e dunque improduttivo, riproponendolo in occasioni da dedicare al consumo in ambienti precostituiti all’uopo (ipermercati, centri commerciali, outlet) sia nei giorni cosiddetti festivi che feriali. Tuttavia, il diritto alle ferie retribuite rappresenta una conquista nell’impianto normativo del diritto del lavoro. La Costituzione italiana prevede all’ articolo 36 uno dei principi fondamentali per quanto concerne la disciplina del lavoro in Italia. Art. 36: “Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa. La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge. Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi”. In un unico articolo troviamo custoditi il diritto al giusto salario (art. 36, co. 1), la durata massima della giornata lavorativa (art. 36, co. 2), il diritto/dovere al riposo settimanale (art. 36, co. 3), fondati sull’etimologia del termine lavoro che in quanto “labor” (fatica) deve ricevere una ricompensa. L’art. 2109 del codice civile al comma 2 stabilisce che il lavoratore ha diritto “ad un periodo annuale di ferie retribuito, possibilmente continuativo, nel tempo che l’imprenditore stabilisce, tenuto conto delle esigenze dell’impresa e degli interessi del prestatore di lavoro”. Recentemente, il D.lgs 213 del 19 luglio 2004 ha chiarito che “Fermo restando quanto previsto dall’articolo 2109 del codice civile, il prestatore di lavoro ha diritto ad un periodo annuale di ferie retribuite non inferiore a quattro settimane. Tale periodo […] va goduto per almeno due settimane, consecutive in caso di richiesta del lavoratore, nel corso dell’anno di maturazione e, per le restanti due settimane, nei 18 mesi successivi al termine dell’anno di maturazione. Il predetto periodo minimo di quattro settimane non può essere sostituito dalla relativa indennità per ferie non godute, salvo il caso di risoluzione del rapporto di lavoro”. L’assegnazione delle ferie, in ogni caso, spetta al datore di lavoro. Il diritto alle ferie retribuite in un contesto aziendale coinvolge l’interesse dello stesso datore di lavoro che, soddisfacendo esigenze psico-fisiche, familiari, sociali, coglie miglioramenti nel ciclo produttivo attraverso lo stato di benessere dei suoi stessi dipendenti. L’Unione Europea e Organismi internazionali come l’Organizzazione Internazionale del Lavoro contribuiscono alla diffusione globale delle ferie retribuite, privilegio democratico che non ha incontrato in altri Paesi un obbligo legislativo parimenti rilevante. Negli Stati Uniti, ad esempio, non esiste una legge federale che imponga un certo numero di giorni di ferie retribuiti. I giorni di ferie, e la loro eventuale retribuzione, vengono concordati tra il dipendente e il datore di lavoro. Tuttavia, va evidenziato anche il cosiddetto fenomeno della “privazione delle vacanze”, che vede il Giappone al primo posto per giornate di ferie non godute e, dopo gli Stati Uniti, il Paese con il minor numero di ferie retribuite (ma con 15 giorni di festa nazionale). Un ultimo aspetto della materia fin qui trattata riguarda la durata delle ferie dei parlamentari, deputati e senatori, ma è del tutto prematuro il confronto con le precedenti legislature.