Di Elena Mandarà-
Chi mi conosce, sa bene che non ho mai ceduto al fascino del “trash”, non sono mai stata attratta dal fantastico mondo dei reality show, dei talk show, delle furibonde liti a colpi di instagram stories. Poi è successa una cosa incredibile: il trash ha incontrato la politica. Ed io, quasi inconsapevolmente, un po’ per onore dell’informazione, un po’ per divertimento, mi sono ritrovata a prestare attenzione a notizie e post che poco avevano di politico, se non i protagonisti, e moltissimo avevano, invece, di trash. Dal Vinci-Salvini, agli scatti di Di Maio con la fidanzata, dalla Meloni impegnata nella pesca delle zucchine, al bagno nella neve di Calenda, sono stati tantissimi i momenti in cui la linea sottile fra “politici fra la gente” e soap-opera televisiva si è pericolosamente ridotta ai minimi termini. Rendendomene conto, però, ho anche preso coscienza del fatto che questo modo di fare politica piace, attira la gente, la fa sentire vicina ai “palazzi”. È davvero questo il prezzo da pagare per avere un riavvicinamento della gente alla politica? Gli italiani sentono davvero il bisogno di esser rappresentati da chi si mostra esattamente come loro, solo più bravo a gestire la scena televisiva e in grado di potersi permettere un bravo social media manager? L’identificazione con i propri rappresentanti sembra non basarsi più sulla condivisione di idee o della visione del Paese, quanto sulla capacità di comunicare in un linguaggio accessibile, comune, familiare. Poco importa se il decreto salva-banche ha lo stesso identico contenuto di quello sottoscritto dai Governi precedenti, se a promuoverlo è il buon Luigi, con la faccia da bravo ragazzo e un post strappalacrime su facebook, degno del confessionale del Grande Fratello. Ancor meno conta il fatto che gli accordi sull’immigrazione firmati a Bruxelles non abbiano migliorato affatto la posizione dell’Italia, se a rassicurarti sulla bontà e sull’efficacia del suo operato c’è Matteo, disposto addirittura a prendere un caffè con te. Perché, in fin dei conti, sono persone come noi. Sbagliano come sbagliamo noi. Soffrono per la fine di un amore e si commuovono per i cuccioli di animale proprio come facciamo noi. E allora bastano un sorriso, un selfie e qualche hashtag, perché ci si dimentichi di analizzare le parole che vengono dette, constatare la veridicità dei dati che vengono forniti, valutare la sostanza delle proposte fatte. Basta condire i malesseri del Paese con un po’ di trash, per affrontarli con leggerezza, l’insostenibile leggerezza che assopisce, ma non trova soluzioni.