Di Elena Mandarà-
17 settembre 2019
Matteo si sveglia e si guarda allo specchio. Sorride, sa che oggi è un grande giorno. È il giorno in cui metterà fine ad una storia d’amore fin troppo tormentata e inizierà una nuova avventura. Da solo.
Scrive un post su Facebook e pensa “Caro PD, questa è l’ultima riga che scrivo per te”.
Con gli occhi fissi sul PC, ripensa a tutto quello che è stato. Era davvero sicuro di volerlo fare? “Ma certo che devo” – pensava. In fin dei conti, era la fine preannunciata di una storia che lo avrebbe sicuramente trascinato nel baratro.
“Spero che, mi auguro di cuore che non ci incontreremo mai più, perché non voglio perdere…”
Eppure, all’inizio era stato entusiasmante. Se si fermava a pensarci, sentiva ancora la passione e l’ardore dei primi tempi scaldargli il cuore. Aveva iniziato a corteggiarlo piano, si era accontentato di regalargli Firenze. 2010, il sindaco più amato d’Italia. Era il partito della sua vita, ormai lo aveva capito.
“Oh ciao PD, è tardissimo, volevo solo dirti che sono completamente fatto. Fatto di te”
I suoi sentimenti, però, non erano ancora ricambiati. E così, aveva cercato di fargli capire pian piano che si sarebbe dovuto lasciare il passato alle spalle, rottamarlo. L’aveva portato alla sua stazione, la Leopolda. E lì aveva capito che, davvero, lui era quello speciale. Erano stati giorni intensi, pieni di vita. Avrebbe voluto non finissero mai.
“Tienimi ancora fra le tue dita di seta”.
Sapeva, però, che per conquistarlo, avrebbe dovuto dargli di più. L’idea di organizzare un viaggio in camper con cui scoprire insieme l’Italia gli era venuta quasi per caso – se lo ricordava bene – durante un giro in bicicletta per il centro storico di Firenze, zaino in spalla e giubbotto di pelle. E così, erano partiti. Gli sembrava quasi surreale, eppure, città dopo città, dentro di lui si faceva strada sempre più forte la convinzione di avercela fatta. Proprio per questo, il giorno in cui gli aveva dichiarato il suo amore gli faceva ancora male come una pugnalata in pieno petto. Era solo l’inizio del suo calvario, ma non poteva ancora saperlo. Aveva affrontato il rifiuto. Aveva affrontato il fatto che avesse preferito un altro, soltanto perché “non perdeva mica tempo a pettinare le bambole”.
“Lui chi è? È un altro uomo che è impazzito per te?”
Nonostante il dolore, la delusione e la rabbia, però, non si era arreso. Era certo che lui non potesse renderlo felice, che non fosse un grado di dargli abbastanza.
“Ma non penso che possa dirti tutto quello che ti dico io”.
Innamorato e inarrestabile, ci aveva riprovato. E lui, incredibilmente, aveva detto sì.
“Solo così sto tanto bene, completamente”
Stavano finalmente coronando il loro amore, e qualcun altro voleva mettersi in mezzo. Aveva preso una sbandata, un’altra volta. Era bastato che qualcun altro gli regalasse l’Italia, perché fosse messo da parte. Aveva deciso che si sarebbe dovuto mostrare maturo. Avrebbe accettato di starsene alla larga, se questo era quello che davvero voleva. La notte, però, non riusciva a prendere bene sonno.Sapeva di non poter restare con le mani in mano per troppo tempo. Doveva reagire.
“Il panico vero, zero stare sereno”
Poi d’un tratto, il colpo di genio. Se l’Italia gliel’aveva portato via, gli avrebbe dimostrato di potergli dare molto di più. Gli avrebbe dato l‘Europa. Da quel giorno erano passati cinque anni, ma la felicità che portava con sè era ancora vivissima nei ricordi. Era stata la sua più grande vittoria, uno dei giorni più belli della sua vita. Finalmente, aveva ceduto. Stavolta era sicuro che sarebbe stato per sempre.
“Sei la nazionale del 2006”.
Era tutto perfetto. Ogni cosa sembrava essere esattamente al suo posto. Niente sarebbe potuto andare storto, se lo sentiva. Aveva iniziato a fare progetti, era pronto a cambiare, avrebbero fatto grandi cose insieme, avrebbero lasciato il segno, vinto contro tutte le avversità.
“La Corea del Nord non potrà fermare tutto questo”
Non tutte le favole, però, hanno un lieto fine. Il dubbio che non andasse tutto bene aveva iniziato ad assalirlo quando le recriminazioni taciute e i rimproveri sopiti, avevano iniziato sempre più spesso a prendere il sopravvento ed annebbiare loro giornate. “Non sei abbastanza di sinistra”; “Io lo so che da quella sera ad Arcore, in realtà lui non te lo sei mai dimenticato”. Era un rapporto sempre più conflittuale, una continua sfida per dimostrare di riuscire ad avere la meglio. Il suo ottimismo, però, non lo abbandonava. Era certo che bastasse sorprenderlo con qualcosa di eccezionale per gettare nel dimenticatoio tutte le cose brutte. E così aveva fatto, ma quel 4 dicembre 2017 avrebbe cambiato tutto. Per sempre.
“Ma quanto è p****** questa felicità che dura un minuto…”
Aveva scommesso tutto, ci aveva creduto. Aveva creduto di poter realizzare insieme a lui il più grande sogno della sua vita. E aveva perso. Era stato costretto a farsi da parte, abbassare la testa, restare a guardarlo da spettatore mentre si rifaceva una vita e gli riversava addosso la responsabilità di tutti i suoi fallimenti.
Ci aveva provato a resistere, ma era impossibile. Per quanto gli ultimi due anni fossero stati durissimi, riflesso nello specchio di fronte a lui, vedeva finalmente un uomo in grado di camminare sulle proprie gambe. Sì, era deciso, era il momento di farla finita.
“Non avere paura”