Il ruolo degli investitori istituzionali nel Partenariato Pubblico Privato

di Claudia Serra – 

Cattedra: Diritto e regolazione dei contratti pubblici 

Prof. A. Botto, G. Fidone.

«Il procedere per associazione tra pubblico e privato è la caratteristica maggiormente indicativa della transizione tra gli ordinamenti di ieri e quelli di domani»

L’idea del presente elaborato nasce in un contesto in cui ci si interrogava se “investitori istituzionali” potessero assumere la veste di promotori “puri”, nell’ambito di operazioni di Partenariato Pubblico Privato.

L’intervento normativo che ha legittimato l’ipotesi avanzata e ha pertanto modificato l’attuale Codice dei Contratti pubblici, contemplando la possibilità che investitori istituzionali diventino promotori delle operazioni suddette è il Decreto-legge n. 32 del 2019, più noto come Sblocca – Cantieri.  

Per poter comprendere appieno la ratio della norma, bisogna preliminarmente definire cosa si intende per Partenariato Pubblico Privato e chi sono gli investitori istituzionali.

L’espressione “Partenariato pubblico-privato” (PPP), di matrice europea, indica un fenomeno giuridico di collaborazione tra il settore pubblico e gli operatori privati nella realizzazione di un’attività diretta al perseguimento di interessi pubblici, così da permettere alla pubblica amministrazione di accrescere le risorse a disposizione e acquisire competenze e soluzioni innovative con riguardo a progetti complessi.

La locuzione PPP non qualifica un istituto giuridico in senso proprio, ma è in realtà una sintesi verbale che raggruppa più figure, l’unico tratto unitario è la loro convergente funzione, di attrarre, ed utilizzare, risorse finanziarie e organizzative private, finalizzate alla realizzazione e gestione di opere, sia pubbliche che d’interesse pubblico, o dei servizi pubblici ad essi connessi, con la traslazione del rischio operativo in capo al privato.

Un “investitore istituzionale” potrebbe essere sinteticamente definito come un intermediario la cui attività caratteristica è quella di investire un patrimonio per conto di un soggetto che si trova in un surplus finanziario. 

Gli investitori istituzionali sono operatori economici con alte capacità tecniche, economiche e finanziarie per gestire operazioni complesse sul mercato. Sono soggetti che solitamente analizzano operazioni di investimento valutando l’allocazione dei rischi ed i ritorni economici nel lungo periodo, investendo capitale proprio e solo marginalmente preso a prestito. Nelle valutazioni dell’investimento dimensionano l’entità delle opere infrastrutturali alle reali esigenze del servizio reso in funzione degli obiettivi dell’iniziativa. Sono dunque privi di conflitti di interessi tra ricavi industriali derivanti dalla costruzione delle opere infrastrutturali ed i rendimenti complessivi attesi dall’operazione economica.

È l’attuale contesto di crisi economica, a porre l’esigenza di un utilizzo strategico delle forme di collaborazione pubblico privata per la realizzazione di interventi infrastrutturali basilari per la ripresa economica e lo sviluppo del paese. 

Le risorse pubbliche – scarse e soggette a vincoli di bilancio più o meno stringenti – non sono sufficienti ad alimentare gli investimenti, specialmente quelli infrastrutturali, di cui l’Italia ha particolare bisogno.

Una vasta e sostanzialmente uniforme dottrina sostiene, infatti, l’esistenza di un nesso di causalità tra dotazione infrastrutturale di un Paese e il suo relativo sviluppo economico. 

Nell’attuale scenario contraddistinto da un crollo degli investimenti in infrastrutture e alti livelli di debito pubblico, appare indispensabile cercare soluzioni innovative di PPP, dando spazio in particolar modo al project financing e (cercando di avvicinare nuove categorie di investitori).

Il Partenariato Pubblico Privato è stato svariate volte indicato come la soluzione più idonea per risolvere il problema del gap infrastrutturale a livello nazionale e internazionale, garantendo il rispetto dei vincoli di finanza pubblica ma anche maggiore efficienza. 

Nonostante l’elevato livello di debito pubblico e privato in certi settori dell’economia dell’UE e della loro incidenza sul rischio di credito, i livelli di risparmio sono elevati e contrariamente a qualche anno fa, esistono volumi elevati di liquidità finanziaria, che possono essere mobilitati. 

A livello internazionale, negli ultimi quindici anni gli investitori istituzionali (fondi pensione, casse di previdenza e assicurazioni, fondazioni bancarie) hanno assunto un ruolo crescente nell’investimento e finanziamento delle infrastrutture.

In Italia il risparmio istituzionale ha raggiunto circa mille miliardi di euro ed è sempre più interessato agli investimenti in infrastrutture attraverso gestori professionali e specializzati del risparmio; tuttavia appare evidente come nel nostro ordinamento manchi ancora la piena consapevolezza circa la possibilità che un investitore istituzionale, ossia un soggetto diverso da un imprenditore attivo in un settore (“costruttore”) possa essere autonomamente promotore/concessionario di un’iniziativa di PPP. 

Prima dell’introduzione di tale norma, i soggetti che finanziano il progetto (gli investitori istituzionali) ma che sono al contempo privi dei requisiti tecnico professionali necessari ad assumere la veste di promotore, non potevano presentare proposte di project financing svincolandosi dall’obbligo di costituire un’ATI con gli operatori economici qualificati.

L’innovazione della completa autonomia degli investitori istituzionali, in sede di presentazione della proposta e in fase di esecuzione dell’intervento, può giustificarsi in ragione del fatto che le imprese impiegate nella realizzazione dell’iniziativa e nella successiva gestione sono fornitori del soggetto promotore ed in quanto tali controparti nei rapporti contrattuali con quest’ultimo. Nel project financing, il fine ultimo dell’iniziativa è quello di riuscire ad ammortizzare l’investimento e remunerare il capitale investito (questo per lo più nell’ottica del finanziatore del progetto, che la norma vuole in particolar modo tutelare), le opere realizzate così come i servizi offerti, rappresentano dunque soltanto lo strumento attraverso il quale può realizzarsi il fine ultimo.

In altri termini nelle operazioni di PPP il fine ultimo dell’iniziativa deve essere quello di erogare beni e servizi in misura tale da remunerare il capitale investito mentre le opere realizzate, così come i servizi di gestione, sono solo lo strumento perché ciò si realizzi. 

La norma in esame ha svincolato gli investitori istituzionali dal ruolo di meri finanziatori del progetto e dall’obbligo di costituire un’associazione (ATI) in sede di offerta con operatori economici qualificati o una società di progetto con un costruttore nella fase esecutiva. In tale nuovo scenario le perplessità che tale norma desta sono: come avverrà la selezione del costruttore gestore una volta che l’investitore risulti aggiudicatario della gara e secondo come la stazione appaltante valuterà offerte provenienti da soggetti così diversi.

La selezione dell’impresa esecutrice e del gestore dei servizi avverrà attraverso una gara privata, in tal modo il rischio di insolvenza del costruttore o del gestore nonché il rischio che l’esecutore dei lavori o servizi selezionato risulti essere inadeguato rispetto agli standard stabiliti, sono in concreto riversati sull’operatore economico quando viene stipulato il contratto. In tal caso tuttavia sembrerebbe doveroso, nell’interesse non solo dell’amministrazione aggiudicatrice ma anche del promotore, individuare soggetti che sia quantomeno dotati dei requisiti generali e speciali richiesti per l’esecuzione dell’attività loro attribuita, che la stazione appaltante dovrebbe fornire pur lasciandoli liberi nel bando di gara.

La possibilità per un investitore istituzionale di assumere la veste di promotore, a fronte della recente modifica legislativa, costituisce indubbiamente un primo passo avanti, capace di generare grandi cambiamenti in materia, tuttavia, affinché tale norma si traduca in realtà è necessario intervenire su ulteriori punti nella disciplina del PPP. 

Il passaggio dal PPP tradizionale al Partenariato Pubblico Istituzionale richiede un cambio di prospettiva che impone una nuova policy. Un passaggio non semplice, che richiede interventi coordinati a diversi livelli: dalla normativa sugli investitori istituzionali a quella della gestione del risparmio; dalla disciplina sugli appalti e le concessioni a quella sul settore creditizio; da quella fiscale alla regolamentazione dei singoli possibili settori di intervento. 

Al fine di favorire gli investitori istituzionali, bisogna partire innanzitutto dal modificare la regolazione attuale dei PPP in Italia, per garantire che tali nuovi attori possano operare con efficienza, trasparenza e competenza. 

Dal punto di vista economico non si figurerebbero grandi perplessità nell’affermare la possibilità e la capacità di un investitore istituzionale a divenire promotore; dal punto di vista giuridico, allo stato attuale, valutando la norma nel complesso delle disposizioni contenute nel Codice dei contratti pubblici, non si può non concludere affermando che la disciplina è modellata avendo a riferimento un promotore e o un concessionario completamente differente. Pertanto, la strada delle modifiche richieste a livello normativo è ancora molto lunga, e si auspicano ulteriori interventi del legislatore. 

L’obiettivo che si vuole raggiungere è rilanciare il PPP e gli investimenti in infrastrutture sul territorio, aprendo il mercato, aumentando la concorrenza e riducendo rendite di posizione e vincoli soggettivi; il tutto nella prospettiva di valorizzare il risparmio privato ed istituzionale del paese (Casse di Previdenza, Fondi Pensione, Assicurazioni Vita), che ha sviluppato in Italia come quasi in tutti i paesi Ocse, una maggiore sensibilità verso l’economia reale

Il coinvolgimento del risparmio istituzionale si realizza solo a determinate condizioni di contenimento del rischio, pertanto appare necessario affiancare al concetto di bancabilità del progetto quello di eleggibilità.

Ci si potrebbe domandare, se alla luce della nuova disposizione, possa un ente previdenziale come Cassa forense, in base al suo attuale statuto assumere la veste di promotore di un’operazione di project financing. 

Anzitutto bisogna sottolineare come negli ultimi cinque anni il patrimonio delle Casse di Previdenza abbia registrato una crescita costante e continua. La Cassa Forense nello specifico, si è sempre contraddistinta per una tradizione molto prudente e molto conservativa del suo patrimonio, nonché per avere un forte senso di appartenenza al Sistema Italia. L’attenzione rivolta al Paese, per “sostenere” il sistema investendo in asset con focus geografico in Italia, ha lo scopo di migliorare le condizioni ambientali, economiche e finanziarie in cui gli stakeholders di Cassa Forense agiscono quotidianamente cercando di creare un circolo virtuoso a beneficio di tutti gli attori.

Le ingenti risorse di cui dispone insieme alla volontà di contribuire a favore del sistema in cui si trovano ad operare gli stakholders della Cassa Forense, può condurci ad affermare che tale ente di previdenza, potrebbe a determinate condizioni, avere interesse a partecipare in veste di promotore ad operazioni di project financing, alimentando fondi comuni di investimento specializzati in infrastrutture.

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