Netflix si amplia sempre di più. La piattaforma streaming più famosa al mondo negli ultimi anni ha avuto un’evoluzione notevole. Il sito fondato da Reed Hastings e Mark Randolph, partito come attività di videonoleggio, è diventato un colosso che ha cambiato gli equilibri del mondo televisivo/cinematografico e che ha monopolizzato il settore. Nonostante i fondatori abbiano fatto delle serie tv un cavallo di battaglia, non va comunque sottovalutata la loro attività nel mondo del cinema. Netflix, resasi protagonista attraverso la produzione di numerose pellicole, ha nel corso degli anni anche ampliato un catalogo di film diventato soddisfacente. Vista la complicata situazione dovuta al Covid19, ho deciso allora di consigliare sette cult da recuperare sulla nota piattaforma americana, mettendo giù due parole per dare un’idea ai lettori su cosa aspettarsi. Cercherò comunque di non fare spoiler, descrivendo nel modo più sintetico possibile l’essenza delle pellicole. Cominciamo:
The Host (2006): Un’occasione unica per recuperare qualche lavoro del pluripremiato regista di Parasite. Bong Joon Ho prende un genere bistrattato come l’action horror e lo adatta alla sua etica. Un mostro che vuole distruggere la città diventa infatti l’incipit per riflettere sulla direzione che il mondo sta prendendo e per distinguersi dalle numerose pellicole del genere, spesso vuote e prive di significato. Non fatevi allora ingannare dal pregiudizio perché qui nulla è lasciato al caso: eventi e personaggi rappresentano la geniale metafora dei problemi sociali che affliggono un mondo tormentato dalle ingiustizie. Dedicato a chi non si ferma all’apparenza e cerca un senso nelle cose.
Vertigo (1958): Hitchcock rappresenta un’opportunità per avvicinarsi al cinema classico e per sdoganare il preconcetto di “vintage noioso”. Studiando a fondo la mente degli spettatori, il regista inglese ha saputo creare un rapporto unico con il suo pubblico, sfornando una filmografia ricoperta da pellicole immortali, capaci ancora oggi di tenerci incollati allo schermo. Vertigo è soltanto una delle tantissime meraviglie del maestro, ma allo stesso tempo rappresenta la dimostrazione di come la prolificità e la prolissità possano escludersi a vicenda. Lo studio maniacale del racconto e l’incredibile gusto estetico hanno fatto di questo film un capolavoro assoluto della storia del cinema. Non voglio quindi spoilerarvi niente: non guardate trailer e avvicinatevi a questo film inconsapevoli di tutto. Buona fortuna per questo viaggio straordinario.
La Città Incantata (2001): “Talvolta lo paragonano a me. Mi dispiace per lui perché lo abbassano di livello”.
Il grande Akira Kurosawa così si pronunciò su Hayao Miyazaki. Non so se queste parole siano esagerate, ma non ho dubbi sulla genialità del regista d’animazione giapponese. Una carriera piena di perle rare e cariche di significato, che hanno fatto delle opere del famoso Studio Ghibli un caposaldo del cinema. La città incantata è il sommo prodotto della poetica Miyazachiana, in cui le idee sul femminismo e sull’ambiente incontrano la massima espressione visiva e comunicativa. Vincitore di un premio Oscar al miglior film straniero, il capolavoro giapponese rappresenta la pellicola d’animazione per eccellenza e va assolutamente recuperata. Rimane tuttavia il piccolo tassello di una produzione longeva e meravigliosa. Consiglio quindi la visione di tutti i film di Miyazaki, fortunatamente presenti nel catalogo Netflix
Le Ali Della Libertà (1994): Il cinema drammatico americano non è innovativo, ma Frank Darabont non lo sa e lo rende tale: le ali della libertà è una sorta di stupore per lo stupore. Stiamo parlando di uno dei film più sorprendenti degli ultimi trent’anni, eppure le componenti non hanno nulla di originale. Il genere (carcerario) infatti era già stato trattato, la tematica (la libertà) anche. Il regista, tuttavia, riesce a mettere in scena una storia originale e commovente, in cui l’inseguimento della libertà negata ai nostri protagonisti diventa l’occasione per analizzare la stessa. È più importante essere liberi o sentirsi liberi? La speranza è davvero l’ultima a morire? Queste sono soltanto alcune delle domande a cui la pellicola cerca di rispondere. Se vi piacciono i colpi di scena quest’opera è imperdibile.
I figli degli uomini (2006): Una pellicola che mette in scena la fantascienza di altri tempi. Alfonso Cùaron crea un’Inghilterra distopica in cui la sterilità di massa ha preso il sopravvento e non permette la riproduzione. Attraverso gli occhi di Theo Farron, lo spettatore intraprenderà un viaggio metaforico delle derive capitalistiche e carico di significato. Nel mondo creato dal regista messicano, infatti, non esistono più valori e i protagonisti vivono in una realtà caratterizzata dalla staticità sociale e dalla povertà culturale. Proprio quest’ultima non permette di rialzarsi e di ricercare l’unica cosa che nella vita realmente conta: la bellezza. I figli degli uomini rappresenta inoltre il capolavoro di uno dei registi più talentuosi al mondo e regala ai lettori “non cinefili” l’opportunità di comprendere cosa voglia dire “girare” bene.
Il Petroliere (2007): Da molti considerato il miglior film del XXI secolo. L’opera magna di Paul Thomas Anderson non può mancare in questa lista, poiché presenta uno dei protagonisti più profondi della storia del cinema. Attraverso la scalata sociale di Daniel Plainview entriamo nella psiche di quest’ultimo, osservando come essa si evolve in rapporto al denaro: non soltanto il potere non dà soddisfazione, ma con il tempo si trasforma in un’arma di distruzione, capace di disintegrare la vitalità degli esseri umani. Così il grande Daniel Day Lewis (vincitore del premio oscar al miglior film) ci regala un’interpretazione indescrivibile, mettendo a nudo questo straordinario personaggio e permettendoci di comprendere a fondo la sua trasformazione. Non fatevi spaventare dalla durata, ne varrà la pena!
Febbre da cavallo (1976): Gigi Proietti era un attore straordinario. Il gigante romano ha tradotto il suo immenso talento e la sua grande presenza scenica in una figura amata da milioni di persone ed entrata nella cultura popolare. Febbre da cavallo è ben più di un cult della commedia, poiché rappresenta la bravura di un interprete che ha indirizzato le sue grandissime capacità verso ciò che amava di più: la risata. Il film, infatti, è ben lontano dall’essere soltanto un insieme di battute spassose, ma manifesta uno sfoggio tecnico incredibile che ha permesso alla pellicola di sopravvivere alle critiche dell’epoca. Così le avventure di Mandrake, Er Pomata e Felice sono piene di gag divertenti, che però non avrebbero avuto la stessa efficacia se il film di Steno non si fosse contraddistinto per i tempi comici perfetti e per l’interazione unica tra gli attori. Non perdete tempo, rendete omaggio al grande Proietti e correte a fare un rewatch