Mamma li turchi?

Quando sarà possibile ritornare a farsi un giro, sempre nel rispetto delle misure anti-Corona Virus, invito i lettori di questo articolo a fare caso se nella loro città oppure in altre città italiane esiste una via, una piazza, un corso, un viale, un vicolo che porta il nome “Cernaia”.

 Cernaia, chi era costui? Perdonatemi la battuta, ma non ho resistito a citare Don Abbondio, che è un personaggio creato da Manzoni nel Risorgimento italiano, scenario storico in cui la battaglia della Cernaia assume un significato rilevante, perché è il nome di un luogo, non di una persona o di un personaggio storico, dove si è svolta uno scontro tra le forze sardo-piemontesi (guai a dire italiane) e l’esercito dello Zar di tutte le Russie. 

Perché ricordare una battaglia del 1855? Tra l’altro all’interno di un conflitto che spesso a scuola manco ricordiamo, cioè la Guerra di Crimea, in cui una coalizione europea, composta da Francia, Regno Unito e Regno di Sardegna si è alleata con l’Impero Ottomano contro l’Impero zarista. Che importanza può avere al giorno d’oggi?

Tuttavia, un intellettuale campano di una certa fama disse che esistono “corsi e ricorsi storici” e forse in questo caso ci siamo imbattuti in una cosa simile. 

La Russia non è più quella zarista, ma non è neanche più la valanga rossa che per 60 anni ha spaventato l’Occidente, questa è la nazione del Presidentissimo Putin: una nuova creatura che come ha cambiato molto rispetto al passato, ma non gli interessi strategici.  Oltre alla sfida con la vicina Ucraina, contro la quale circa 100mila soldati russi sono schierati, e l’influenza sulla Bielorussia, è il controllo del Mar Nero che spinge la Russia ad un attivismo pazzesco e ad una politica internazionale aggressiva.

La Russia combatte una secolare battaglia con i Turchi per il controllo del Mar Nero, tuttavia le potenze Occidentali, come nel caso della Guerra di Crimea, preferiscono fiancheggiare la Mezza Luna piuttosto che il Cremlino, pazienza se gli slavi sono devoti a Nostro Signore Gesù e pregano la Vergine Maria. La Realpolitik non ha bisogno di fedi o confessioni, guarda all’essenza dei rapporti internazionale: la Turchia è meno pericolosa della Russia per molti Paesi. 

Come non dimenticare il recente conflitto del Nagorno-Qarabag, in cui gli Armeni, popolo cristiano perseguitato dai turchi e affine ai Russi sul piano politico, hanno affrontato l’Azerbaigian, repubblica alleata dei Turchi, con l’Occidente che sperava in una veloce risoluzione per evitare danni al mercato del petrolio. 

 Se qualcuno obiettasse:” Ma a Lepanto eravamo uniti contro i Turchi”, vi ricordo che non fu né una vittoria così netta contro gli Ottomani, che sono diversi dai turchi di oggi, dato che un secolo dopo erano ad un passo dalla conquista di Vienna né tanto meno un momento di unione della cristianità, perché in quegli anni le guerre di religione tra confessioni cristiane flagellavano l’Europa.

Il pericolo turco non è percepito in maniera uguale in tutta europa, mentre quello di un avanzamento della Russia lo è da sempre.

Bisogna innanzitutto chiarire le differenze tra i turchi di ieri e quelli di oggi: l’Impero Ottomano era un mosaico di popoli e culture, per molti aspetti simile all’Impero Romano d’Oriente, mentre la Turchia moderna è diversa: etnicamente più compatta, geograficamente più limitata e, nel progetto di Mustafà Kemal Ataturk, laica

Nei riguardi dell’Impero Ottomano in Occidente c’è sempre stato un timore ed un rispetto, e in Italia si possono trovare esempi contrastanti sia di paura che di interesse.  Non si può non ricordare nell’immaginario popolare italiano la paura dei “barbari” maomettani, racchiusa nel famoso detto “Mamma li turchi”, ma anche i rapporti commerciali tra l’Impero Ottomano e le Repubbliche Marinare di Genova e soprattutto Venezia. Anche se, onore del vero, per certi aspetti l’Impero Ottomano, soprattutto nel suo momento di massimo splendore, era più tollerante e meritocratico di quanto si credesse in Occidente, forse in quello la Turchia di Erdogan ha ancora molto da imparare dai suoi antenati.

I rapporti con gli Ottomani, la dinastia di etnia turca che era al vertice dell’impero, quindi non sono sempre stati bellicosi, anzi, la Cernaia, battaglia chiave per la rete di alleanze tessuta dal Conte di Cavour, è anche una vittoria dei turchi, oltre che ovviamente, dei Britannici e dei francesi.

 Dopo la sconfitta dell’Impero Ottomano e la sua dissoluzione a seguito della Grande Guerra, nasce quella che è la Turchia moderna. Proprio negli ultimi anni dell’Impero si consumò la tragedia del popolo armeno, nonché una serie di dinamiche che insanguinano ancora oggi il Medio Oriente. 

Nel secondo Novecento, la Repubblica di Turchia nella Guerra Fredda era un alleato degli Stati Uniti, era ed è ancora membro della NATO, utile alleato antirusso. Tuttavia, il potere della Turchia non si riflette solo sull’area del Mar Nero, riflette anche nella sua influenza dall’Albania alla Libia, dunque, concentrandosi anche sul Mediterraneo e Balcani. 

Proprio non vi dicono nulla questi due Paesi? Chi era la “potenza” (chiamiamola così) Occidentale che le controllava prima della Seconda Guerra Mondiale? Eh già, l’Italia, ma prima di noi, chi era la potenza che controllava questi Paesi? Beh, l’Impero Ottomano, lo stesso da cui Erdogan chiaramente prende ispirazione per la politica aggressiva della sua Turchia.

Erdogan sta prendendo campo come attore fondamentale dello scacchiere mondiale, tanto da permettersi di snobbare la rappresentante della Commissione europea, nel celebre episodio del divano. L’ Italia sa che la Turchia sta estendendo la sua influenza culturale nel Mediterraneo e nei Balcani soppiantando il ruolo che ha il nostro Paese in questa zona. Poco sopra si è parlato di Libia ed Albania, ma l’influenza turca è anche dentro il salotto di casa nostra, basti vedere il successo di una soap opera turca e dei suoi interpreti.   

Allora che fare? Qui entra in campo il Presidente del Consiglio Draghi, che ha chiaramente definito “dittatore” il Presidente turco, ma poi hai ammesso che non si può prescindere dall’avere rapporti, dando segno di Realpolitik. Trattare con i Turchi è una costante per chi si affaccia sul Mediterraneo, come hanno sempre fatto le repubbliche Marinare ed anche il genio politico di Cavour.

È utile notare che poco tempo fa che il Presidente degli Stati Uniti, Biden, ha riconosciuto l’eccidio degli Armeni come “genocidio”, termine sempre respinto da parte del Governo di Ankara.

Le parole sono macigni, soprattutto se pronunciate da un Presidente di una nazione così importante, ma rimangono parole. Questa dichiarazione potrebbe giovare alla politica estera italiana, se verrà seguita da una linea politica adottata dagli Stati Uniti nel senso di ridimensionare l’influenza turca, almeno nel mediterraneo, evidenziando le contraddizioni di Erdogan e della sua politica estera

La mia opinione è che l’Italia debba riconquistarsi il ruolo di mediatore tra le varie entità del Mediterraneo, tra cui anche la Turchia di Erdogan, e l’Occidente, senza dimenticare di aprire spiragli di dialogo con la Russia.

In un clima di distensione con la federazione Russa il nostro Paese avrebbe da guadagnarci e soprattutto ritornerebbe in prima linea nello scacchiere mediterraneo, venendo meno il ruolo della Turchia come “argine” all’influenza russa.

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