I compensi dei parlamentari: quali sono e a quanto ammontano?

Come noto ai più, il 25 settembre gli italiani saranno chiamati al voto per eleggere i membri di quella che costituirà la diciannovesima legislatura. 

La data è fissata, in conformità con l’articolo 61 della Costituzione tra i 60 e i 70 giorni dallo scioglimento delle Camere.

Dinanzi alle tornate elettorali, l’italiano spesso cerca di fare i “conti in tasca” al suo futuro, o passato, rappresentante in parlamento. Ma quanto guadagnano? 

Diamo a queste speculazioni delle cifre effettive.

Innanzitutto, va detto che a riconoscere l’indennità parlamentare è lo stesso dettato costituzionale. 

L’art. 69 Cost. recita: “I membri del parlamento ricevono un indennità stabilità per legge.” 

La legge in questione è la l.1261/1965 che delega agli uffici la determinazione dell’indennità stabilendo un tetto massimo. Non deve superare “il dodicesimo del trattamento complessivo massimo annuo lordo dei magistrati con funzioni di presidente di Sezione della Corte di cassazione ed equiparate”.

Quanto effettivamente corrisposto è però di molto inferiore al massimo consentito, in un ottica di contenimento delle spese dell’Istituzione parlamentare. Infatti, considerando anche la detrazione delle imposte, ciascun parlamentare oggi percepisce mensilmente all’incirca 5.000€ (ridotti di 300€ per i deputati che svolgono anche un’altra attività lavorativa), a fronte dei circa 16.000€ che potrebbe percepire in assenza di riduzioni.

Chiaro in tal senso è il seguente grafico:

Fonte:camera.it

In aggiunta all’indennità parlamentare è prevista anche la DIARIA e vari ulteriori rimborsi.

La DIARIA è prevista sempre dalla legge del ‘65 e costituisce il rimborso delle spese di soggiorno a Roma. Secondo quanto stabilito dall’Ufficio della Presidenza dal 2010 questa ammonta mensilmente a 3.503,11 euro da cui vanno decurtati rispettivamente 206,58 euro per ogni assenza del deputato alle sedute dell’Assemblea e fino a 500 euro per ogni assenza dalle sedute delle Giunte, delle Commissioni permanenti e speciali, del Comitato per la legislazione, delle Commissioni bicamerali e d’inchiesta, nonché delle delegazioni parlamentari presso le Assemblee internazionali.

Queste decurtazioni avvengono analogamente in Senato, seppur in misura non specificata sul sito e sui documenti ufficiali.

Per quanto riguarda gli altri rimborsi, vi è un rimborso delle spese per l’esercizio del mandato (di massimo 3.600€), uno per le spese di viaggio (che varia in base alle distanze da percorrere), 1.2000€ all’anno per spese telefoniche e 530€ mensili di assistenza sanitaria integrativa. 

Guardando al Progetto di bilancio della Camera dei deputati per l’anno finanziario 2022 il quadro che risulta è questo:

Fonte: documenti.camera.it (pagina 42)

Per quanto riguarda invece le spese previdenziali, questo:

Immagine che contiene tavolo
Descrizione generata automaticamente
Fonte: documenti.camera.it (pagina 46)

Dal 2012 è stato abrogato il sistema del famoso “assegno vitalizio”, vigente dalla prima legislatura, a favore di un sistema pro rata che si applica ai deputati eletti dopo il 1° gennaio 2012.
Si ha diritto alla pensione compiuti i 65 anni di età e a seguito dell’esercizio del mandato parlamentare per almeno 5 anni effettivi. 

Per ogni anno di mandato successivo ai primi 5, l’età richiesta per il conseguimento del diritto è ridotta di un anno, con il limite all’età di 60 anni.
La pensione non può più essere percepita, ed è quindi sospesa, qualora il deputato venga eletto al Governo, al Parlamento europeo o ricopra altri incarichi per cui la Costituzione o altra legge costituzionale preveda l’incompatibilità con il mandato parlamentare.

A grandi linee, i siti istituzionali delle due camere permettono di ricostruiscono le “entrate” teoriche dei propri membri. Manca, però, un riepilogo effettivo, magari pubblico e per ogni componente, del trattamento ricevuto da ciascuna voce. 
È evidente quindi serva un passo in più in termini di trasparenza non bastando solo la pubblicazione dei bilanci. Basta, per comprendere l’insufficienza di questa documentazione, guardare, ad esempio la voce del rimborso “spese per l’esercizio del mandato” nella quale però rientrano anche le somme destinate per pagare i meri collaboratori. 

Servirebbe uno sforzo ulteriore in termini di trasparenza da parte dello Stato, ispirandosi a modelli stranieri, che permetta di ricondurre ad ogni rappresentante del popolo in Parlamento una cifra esatta. Corrisponderà all’effettivo impegno del soggetto per i suoi elettori?
Se queste modifiche venissero apportate, potremmo noi stessi valutarlo.

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