Transizione ecologica: interventi e soluzioni

La transizione ecologica rappresenta una delle sfide più significative della nostra epoca: un sistema per contrastare il cambiamento climatico ed assicurare alle prossime generazioni un futuro più sostenibile in un pianeta quasi irrimediabilmente compromesso.

Con l’espressione “transizione ecologica” si intende un processo di graduale cambiamento finalizzato ad arginare sino ad inibire fenomeni considerati a lungo termine dannosi per l’ecosistema. L’etimologia del termine ecologia deriva, infatti, dal greco “oìkos”, ovvero “casa”, sancendo l’indissolubile legame che unisce l’uomo con il pianeta Terra, che da sempre lo ospita e lo accudisce. La definizione di transizione ecologica si configura, difatti, come un nuovo modello economico – sociale, sviluppato per ridefinire il modo in cui le risorse vengono sfruttate per i molteplici scopi umani.

Le istituzioni nazionali ed internazionali stanno agendo e cooperando in una serie di interventi volti a raggiungere la neutralità climatica e combattere il degrado ambientale. Nel 2015, le Nazioni Unite hanno adottato “L’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile”: un progetto condiviso per la pace e la prosperità del pianeta, incentrato sui “17 Obiettivi dello Sviluppo Sostenibile”. Questi ultimi tengono conto in maniera equilibrata delle tre dimensioni dello sviluppo sostenibile (economica, sociale ed ecologica) e tutti i paesi membri dell’ONU sono tenuti a realizzarli entro il 2030.

L’Unione Europea, in linea con le misure internazionali, ha adottato il “Green Deal Europeo”: una nuova strategia di crescita che mira a trasformare l’Europa in un’economia moderna, sostenibile, efficiente e climaticamente neutra entro il 2050, ridurre le emissioni di gas serra del 55% entro il 2030, rilanciare l’economia tramite la tecnologia verde, sviluppare industrie e trasporti a zero emissioni e ridurre l’inquinamento. 

A tal fine Commissione europea aiuta gli Stati membri dell’UE a progettare ed attuare riforme a sostegno di tale mutamento.

La transizione ecologica è anche uno dei pilastri del PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) stilato e adottato dal governo italiano. In particolare, la rivoluzione verde è contenuta nella Missione 2 e si articola in cinque macro obiettivi.

Il primo è la neutralità climatica, che mira ad azzerare i gas a effetto serra tramite l’abbandono delle fonti fossili. In secundis, vi è il ripristino della biodiversità, per ristabilire la neutralità in aree spesso degradate come fiumi e zone costiere. Vi è poi l’adattamento ai cambiamenti climatici attraverso interventi atti a contrastare il dissesto idrogeologico e incrementando il livello di resilienza dei complessi antropologici e naturali. Troviamo infine la transizione verso l’economia circolare e la bioeconomia, basate su riutilizzo delle risorse, riciclo e contrasto agli sprechi. Molti degli investimenti e dei finanziamenti del PNRR sono stati messi in campo direttamente dal MASE (Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica).

Alla luce di tali propositi, la domanda fondamentale è cosa si possa fare individualmente per essere parte attiva della transizione ecologica. Il primo passo per abbracciare questa inversione di rotta è considerarla un vero e proprio cambiamento culturale, il che implica modificare e riadattare qualsiasi momento della quotidianità personale. Ad esempio, abbandonare l’auto o ridurre i tragitti giornalieri, ovvero ridurre il consumo di carne bovina (l’allevamento e l’abbattimento di animali* costituiscono il 60% delle emissioni di gas serra rilasciate dalle produzioni alimentari, senza considerare la deforestazione causata dalla produzione di mangimi). È necessario inoltre prestare attenzione ai consumi energetici nelle case (cercando di ricorrere anche a livello domotico a fonti completamente rinnovabili) e ridurre il numero di acquisti (sfruttando i prodotti per il loro intero ciclo di vita e riciclare o reinventare l’utilizzo degli stessi).

È fondamentale adottare tali accorgimenti, innescando una catena virtuosa, in modo tale che ognuno possa prendere parte attivamente questa trasformazione. È pertanto necessario perseguire un nuovo modello educativo a trecentosessanta gradi, che ponga la sostenibilità al centro di ogni iniziativa economica e sociale delle nuove generazioni.

Già sono diversi e molto promettenti i progetti avanzati da giovani imprenditori attraverso le cosiddette “startup green”, piccole organizzazioni** che oltre alla ricerca del profitto, si impegnano a introdurre sul mercato innovazioni di cui possano giovare sia l’ambiente che la società.

Dalla gestione delle risorse idriche, al ciclo dei rifiuti fino alla produzione di energia da fonti rinnovabili, sono svariati i settori coperti dalle startup che hanno partecipato al progetto “Zero” lanciato da Cdp Venture Capital e da Eni, in collaborazione con Acea, Maire Tecnimont, Microsoft e Vodafone. Le nove startup protagoniste del programma hanno ricevuto un investimento pre – seed e aderito ad un programma di cinque mesi.

Tra queste, una delle più rilevanti è la startup “Beaware”, fondata a luglio 2021, con sede a Roma, che si occupa di una nuova e corretta gestione e monitoraggio del corso dei rifiuti attraverso una rete di sensori IoT. 

Vi è poi “Ecosostenibile.eu” che, nata nel 2022, si rivolge alle aziende e intende supportarle e guidarle nel loro percorso verso il raggiungimento degli obiettivi ESG (Social, Environmental and Governance). Inoltre, “Microx”, PMI fondata a Trento nel 2018, si occupa di misurare i parametri ambientali nel settore delle risorse idriche nuove tecnologie di misurazione. Infine, “Smart Island” è un’azienda innovativa che supporta gli agricoltori attraverso tecnologie di precision farming e robotica per l’agroalimentare.

Per permettere alla rivoluzione sostenibile di essere non più una chimera da inseguire, ma un fattore chiave che guida la vita di tutti i giorni, è pertanto necessario dare spazio ed incentivare i progetti e le idee dei giovani che hanno a cuore il futuro del pianeta.

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