1919 e 1948. Fallimento e successo della democrazia italiana.

Come è noto, le ultime elezioni democratiche tenute in Italia prima del ventennio fascista sono quelle del 1922 che, come vedremo, produrranno una frammentazione parlamentare significativa, bloccando il sistema politico, indebolendo l’esecutivo e aprendo la strada al fascismo. La frammentazione del Parlamento del 1919 e le tensioni che caratterizzavano, si ripresenteranno analogamente alle elezioni politiche del 1948, ma la democrazia riuscirà a tenere. 

L’opposizione cattolica allo Stato Unitario è sempre stato il problema principale della classe politica liberale postunitaria, in quanto con il Non Expedit impendendo l’elettorato attivo e passivo dei cattolici, si era andata a minare la legittimità del nuovo Stato. L’opposizione cattolica fu problematica anche per una scarsa organizzazione partitica dei liberali; infatti, essi erano solo organizzati in “partiti di notabili” senza seguito popolare e che esistevano solo nelle istituzioni senza un radicamento nel territorio attraverso la presenza di circoli con una classe politica locale. Tale struttura, che rappresenta quella degli odierni partiti e che rappresentava la struttura del Partito Socialista e del Partito Popolare (entrambi partiti di massa) non appariva come necessaria dalla classe politica liberale, in quanto essa, attraverso il suffragio ristretto e il totale controllo degli apparati repressivi dello Stato riusciva a mantenere il predominio assoluto delle istituzioni. Anche quando la forza dei popolari e dei socialisti nella Camera divenne una seria minaccia al predominio liberale, attraverso un loro esponente, Giovanni Giolitti, essi riuscirono attraverso gli accordi con le élite politiche di tali partiti (nonché quelle industriali assicurandosi il loro appoggio economico) a rimanere il perno del sistema politico; con tali accordi si assicurò il sostegno dapprima della parte riformista del Partito Socialista (esso si scinderà dalla sua componente massimalista nel 1912), e poi con il Patto Gentiloni otterrà l’appoggio dei Popolari cattolici estromettendo i Socialisti dalla maggioranza alla Camera per le elezioni del 1913 (ultime a suffragio limitato).

Alle elezioni del 1919 lo scenario politico era però mutato, i liberali conobbero una frattura internamente dapprima su intervento o neutralità nella Grande Guerra, mentre adesso tra repressione o dialogo con le forze operaie che occupano le fabbriche (biennio rosso), il Partito socialista si era diviso e dominato dall’ala massimalista, i Popolari male accettavano il predominio liberale; numerosi erano i problemi sociali, come la riconversione dell’economia, l’ascesa del comunismo e la nascita del movimento nazionalista. Inoltre, il Parlamento è diviso in tre blocchi polarizzati che non collaborano, non vi è una maggioranza stabile perché le tre forze hanno eguale peso nella Camera, si susseguono Governi deboli in un momento in cui la popolazione richiede efficienza per la risoluzione delle problematiche di cui sopra, e le classi medie perdono fiducia nella risolutezza della politica spostandosi verso altri centri di potere, ovvero le piazze ed i movimenti che le occupano. Giolitti tenta l’apertura ai socialisti concedendo più libertà sindacali ma l’ala massimalista governa il partito e si teme che questo non sia fedele alla Monarchia ed al sistema democratico; egli tenta allora l’apertura ai Popolari ma questi non accettano le politiche secolari dei liberali, e Mussolini trova la strada spianata per l’ascesa al potere nel 1922. Un accordo tra queste forze politiche avrebbe fermato Mussolini, ma la polarizzazione del sistema politico era massima.

Le elezioni del 1948 sono definite critiche (come quelle del 1994), ovvero hanno segnato in modo strutturale il sistema politico; sia gli Stati Uniti d’America che la Chiesa cattolica intervengono pesantemente per favorire la DC e il suo blocco, la seconda attraverso la presenza capillare sul territorio delle organizzazioni cattoliche. In quanto la DC inizialmente non aveva un’organizzazione strutturata che potesse competere con quella comunista e socialista, riunite nel Fronte Popolare. Anche nel 1948 il sistema politico è diviso in 2 blocchi polarizzati e sostanzialmente di eguale forza elettorale, ma la democrazia riuscirà a tenere grazie all’accettazione di tutte le forze politiche, riunite sia nella Consulta Nazionale che nell’Assemblea costituente, di un termine: Compromesso. Quel compromesso che era non era stato trovato nel 1919 e che aprì le porte al fascismo e che poteva fermarlo in caso fosse stato trovato, compromesso che ha permesso la stabilizzazione della democrazia italiana e la sua riuscita, nonostante eventi che l’avrebbero potuta mettere a rischio, basti pensare che dopo i Governi di transizione di Bonomi e Parri, si ha l’ascesa come segretario della Dc, di De Gasperi; la fine del Governo de Gasperi II coincide con il suo viaggio negli USA nel 1947, i quali premono per la rimozione dal Governo delle sinistre comunista e socialista in quanto vicino alle posizioni sovietiche (nello stesso anno è stata annunciata la dottrina Truman di  contenimento dell’URSS e del comunismo). Tuttavia, De Gasperi sceglie di non estromettere le sinistre dal Governo perché la Costituzione deve ancora essere ultimata e tutte le forze politiche devono collaborare congiuntamente alla sua stesura (il compromesso deve essere mantenuto per il futuro della democrazia italiana). Nel Governo De Gasperi III la posizione delle sinistre sarà ridimensionata e solo nel IV ne saranno esclusi, ma Nenni e Togliatti (segretari rispettivamente del Psi e PCI) protestano ma decideranno di mantenere il compromesso fino all’approvazione della Costituzione. Forse una classe politica più lungimirante, forse avendo la possibilità di imparare dagli eventi del passato, la fragile democrazia italiana è riuscita a superare la sua prima grande prova esistenziale. Una delle tante che dovrà superare nella Pima Repubblica. 

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