La scelta di Porzia

Il momento di massima tensione narrativa, nonché il cuore nevralgico almeno dal punto di vista giuridico  del dramma shakespeariano “Il mercante di Venezia”, è l’atto quarto. La scena si svolge presso la Corte di giustizia di Venezia dove Porzia, travestita da dottore della legge, interpreta il contratto stipulato tra Shylock e Antonio. Gli interventi di Porzia, volti a dirimere la controversia tra i due, possono essere suddivisi in tre sezioni, così che si delineano altrettante possibilità interpretative della legge.

Nella prima sezione Porzia si limita a riconoscere la validità dell’obbligazione e afferma che l’ebreo può legalmente reclamare la penale stabilita, in quanto “sia l’intento che il fine della legge giustificano appieno la penale  che appare dovuta per contratto”. L’approccio del dottore in questo caso può essere associato alla visione legicentrica enunciata da Montesquieu, per cui il diritto è prodotto unicamente dal potere legislativo e i giudici sono “bocca che pronuncia le parole della legge (…), esseri inanimati che non ne possono moderare né la forza né la rigidezza”. Questa concezione, cosiddetta “oggettualistica”, è propria dell’Illuminismo giuridico e del movimento di codificazione francese. In Francia la redazione del codice produsse l’effetto di limitare il potere del giudice, dal momento che per il principio della certezza del diritto, l’applicazione della norma non necessita alcuna interpretazione in funzione valutativo-creativa ma avviene meccanicamente.

In questa sezione può essere identificato quanto teorizzato dalla Scuola dell’Esegesi, in cui per “esegesi” si intende un metodo di pura interpretazione letterale, senza sforzo di originalità o senza un minimo ripensamento sistematico della materia normativa: il diritto del codice viene preso per quello che precisamente è, e l’attività del giudice è meramente dichiarativa.

Dunque Porzia, pur non nascondendo la propria contrarietà nei confronti della rivendicazione da parte di Shylock di una penale tanto crudele e inumana, conclude che “una libbra della sua carne è tua (dell’ebreo). La legge te ne dà il diritto e questa corte te l’attribuisce” e “tu dovrai tagliare questa carne dal suo petto. La legge te lo permette e la corte lo riconosce giusto”.

Questa fase del processo può essere letta come la declinazione dell’evoluzione storica del diritto, per cui il potere di produzione giuridica viene monopolizzato dallo Stato attraverso le codificazione, con la conseguente esclusione del momento interpretativo.

La seconda sezione consiste nella condanna morale che Porzia rivolge a Shylock: “(…) Perciò, Giudeo, se pur la tua pretesa sia conforme alla legge, pensa a questo: che nessuno di noi si salverebbe se giudicato secondo giustizia. Preghiamo Dio invocando clemenza, e ciò ci deve tutti ammaestrare a infondere clemenza nei nostri atti”. Successivamente nell’appello alla sua clemenza: “Sii clemente. Contentati del triplo del tuo denaro, che ti viene offerto”. In questo punto lo sviluppo del processo interpretativo raggiunge un bivio: da una parte è presente una legge ingiusta, dall’altra la necessità della certezza del diritto. Il giusnaturalismo novecentesco affronta la questione e, in particolare, la cosiddetta “formula di Radbruch” la quale cercando di risolvere il problema della validità della legge ingiusta,  afferma che il diritto positivo ha la preminenza a meno che il conflitto tra legge positiva e la giustizia giunga a un “grado tale di intollerabilità che la legge, in quanto legge ingiusta, debba arretrare di fronte alla giustizia”. Giorgio del Vecchio, affermando che la prima ragione d’essere della legge dello Stato è la tutela dei diritti naturali della persona, legittima la rivendicazione del diritto naturale contro il diritto positivo quando questo agisce in contrasto con la giustizia.

Questi aspetti assumono rilevanza nel momento in cui Bassanio prega il giudice di “fare un piccolo torto”, ovvero giudicare attenendosi non alla legge ma alla morale in nome di un “atto di grande giustizia”. In questa situazione la posizione di Porzia è simile a quella del Tribunale nel caso Riggs v Palmer preso in analisi da Ronald Dworkin. In questo caso si trattava di decidere se l’imputato potesse fruire dell’eredità assegnatagli dal nonno nel testamento, avendo questi ucciso il nonno, dal momento che le leggi dello Stato di New York non prevedevano l’omicidio quale causa di esclusione dall’eredità. Il Tribunale decise, andando al di là del diritto, di negare l’eredità all’imputato sulla base del principio “non si può trarre vantaggio da un illecito”. Così l’esigenza morale svolge una funzione complementare rispetto alla norma scritta e cambia il modo in cui questa viene applicata.

Porzia, tuttavia, risponde a Bassanio che non è possibile modificare un decreto in vigore, in quanto “questo potrebbe essere invocato come un pericoloso precedente e dietro quell’esempio molti abusi potrebbero infiltrarsi nel corpo dello Stato”.

Il ricorso alla morale per evitare l’applicazione di una legge ingiusta viene escluso dal giudice, il quale ha tra le sue mani uno strumento più effettivo per modificare la norma “dall’interno”, conservando la sua validità e anzi affermandola: si tratta dell’interpretazione come attività discrezionale di determinazione di significati per cui il ruolo del giudice assume carattere creativo. A monte di questo processo vi è la conoscenza delle prescrizioni giuridiche, la cui garanzia presuppone comunque la controllabilità razionale delle decisioni. A questo proposito la stessa Corte Costituzionale afferma che la conformità o meno a Costituzione di una legge dipende dalla sua interpretazione.

Gli studi sul ragionamento giuridico hanno affrontato il tema dell’interpretazione, criticando il modello logico ritenuto inadeguato e insufficiente. Robert Dworkin esalta il ruolo dell’interprete come produttore del significato del testo giuridico, qualificando l’interpretazione come attività creativa e non dichiarativa. In questo filone si posiziona anche il principio di validità del diritto di Alexy basato su un procedimento di giustificazione di tipo argomentativo, per cui è possibile avanzare discorsivamente ipotesi di interpretazione giuridica nel rispetto di norme procedurali vincolanti.

Dunque nella terza e ultima sezione Porzia interpreta personalmente il contratto, attenendosi alla norma e concilia in questo modo sia la necessità di applicare regolarmente la legge, sia quella di fare emergere il proprio giudizio. In questo snodo finale del processo valutativo, il giudice esercita la propria discrezionalità e nel fare ciò supera il contrasto tra l’interpretazione letterale del contratto e le considerazioni morali inerenti a questo: “dal momento che vuoi giustizia, giustizia avrai più di quanta desideri”.

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