L’elusione delle sanzioni internazionali commerciali e finanziarie nei confronti della Russia: il caso del Kyrgikystan e degli Stati Stan

Sono tempi duri. Il conflitto tra Russia ed Ucraina, la guerra in Israele e una moltitudine di altri fattori locali e internazionali hanno colpito le economie di tutto il mondo. Ma non ovunque. Secondo uno degli ultimi rapporti della Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (BERS) quelle dell’Asia centrale hanno registrato una crescita determinante nella prima metà del 2023. 

Tra gli Stati dell’Asia centrale il Tagikistan è in testa seguito da Uzbekistan, Kazakistan e Kyrgikystan. Sono molti i fattori determinanti di tale dinamica. La riapertura della macchina produttiva cinese dopo la pandemia è uno dei motivi, ma la ragione più evidente è l’invasione dell’Ucraina da parte di Mosca. La guerra infatti ha spinto i cittadini russi e bielorussi a trasferire i loro soldi e le loro attività in Asia centrale nel tentativo di evitare le sanzioni commerciali e finanziarie occidentali.

Le aziende russe si sono trasferite soprattutto in Kazakistan e Kyrgikystan, la cui vicinanza geografica e “culturale” ha reso il processo particolarmente semplice. Inoltre l’adesione dei due stati all’Unione economica eurasiatica (UEE) assieme alla Russia, Bielorussia ed Armenia ha facilitato ulteriormente l’integrazione economica attraverso mercati comuni, normative armonizzate e zone di libero scambio.

Tra gli Stati dell’Asia centrale quello che merita più attenzione è il Kyrgikystan. Il Kyrgikystan infatti rappresenta uno di quegli Stati senza una presenza diplomatica diretta dell’Italia, affidando invece le proprie relazioni diplomatiche alla sede situata ad Astana nel vasto Kazakistan, uno dei paesi più estesi al mondo. Il piccolo Kyrgikystan ha una popolazione di appena 6,5 milioni di abitanti e un PIL pari a 8,5 miliardi poco più alto del PIL del Molise. Nonostante ciò, nel 2022, l’export italiano verso il Kyrgikystan ha registrato un’impressionante crescita del +178% sul 2021, salendo addirittura al +409% nei primi tre mesi del 2023 rispetto allo stesso periodo del

2022. Confrontando questi dati, si nota che mentre nel 2020 l’export generava un guadagno di €18,03 milioni, già ad aprile 2023 la cifra aveva raggiunto i €45,54 milioni, lasciando presagire ulteriori incrementi nei mesi a seguire. Questo fenomeno non è un’esclusiva italiana, ma si rispecchia in maniera simile anche per la Germania e molti altri stati europei.

Tale scenario suggerisce un sistema complesso di commercio internazionale tutt’altro che nuovo. Infatti denota l’esistenza di vie alternative per mantenere flussi commerciali con il Cremlino meno diretti ma potenzialmente efficaci nel sostenere un certo livello di attività economica. Infatti secondo indiscrezioni ottenute dall’intelligence americana emerge un quadro di commercio internazionale, dove Paesi come il Kyrgikystan, insieme ad Armenia, Maldive, Marocco e India, si troverebbero a fare da intermediari nelle relazioni commerciali con la Russia, nonostante le sanzioni internazionali occidentali. Quindi i prodotti e le materie prime occidentali sottoposti a sanzioni vengano importati in Paesi terzi, come il Kazakistan e l’India, per poi essere riesportati in Russia. 

Questi dati spiegano come il regime russo e le élite più ricche abbiano ancora accesso a beni internazionali, anche se teoricamente dovrebbero essere soggetti a sanzioni.

In ogni caso l’Unione europea ha previsto numerosi strumenti volti ad evitare questa elusione. Infatti l’attuazione effettiva e rigorosa delle sanzioni è essenziale per garantire il raggiungimento gli obiettivi dell’Unione. L’attuazione spetta principalmente agli Stati membri ma la Commissione lavora a stretto contatto con essi per sostenerli mobilitando i suoi servizi commerciali e doganali al fine di  individuare il riorientamento dei flussi commerciali da alcuni paesi terzi che fungono da possibili punti di accesso alla Russia. La Commissione si rivolge ai paesi terzi per concordare una valutazione condivisa, confrontare i dati, discutere, se del caso, misure correttive e raccoglie informazioni sui modelli di elusione da parte del settore privato. Inoltre prepara raccomandazioni su come prevenire meglio questo fenomeno. L’Uea a sua volta sta coordinando le sanzioni con altri importanti alleati quali gli Stati Uniti, il Regno Unito,, la Svizzera, il Giappone, l’Australia, il Canada, la Nuova Zelanda e la Norvegia.

Nell’ambito dell’11 pacchetto di sanzioni adottato il 23 giugno, l’UE ha introdotto un nuovo strumento per evitare l’elusione delle sanzioni  attraverso giurisdizioni di Stati terzi. Questo strumento si concentra su merci specifiche ad alto rischio che hanno dimostrato di raggiungere la Russia attraverso paesi terzi, nonostante siano oggetto di sanzioni dell’UE. Esso consente all’UE di vietare l’esportazione di tali merci verso i paesi che sono utilizzati per eludere le nostre sanzioni, nonché di vietare la prestazione di servizi associati. L’elenco dei beni e delle tecnologie cui si applica questa misura sarà integrato solo se non sarà possibile trovare altre soluzioni. Si tratta quindi di una misura di ultima istanza. Altre misure che hanno permesso di reprimere ulteriormente l’elusione delle sanzioni sono: divieto di transito per i beni a duplice uso e le tecnologie avanzate, divieto di transito per le merci economicamente critiche, segnalazioni di trasferimenti di fondi al di fuori dell’UE, obblighi di segnalazioni sui beni della banca centrale russa, qualificazione come reato della violazione delle sanzioni dell’UE che consente all’Unione di emanare direttive che impongono agli Stati Membri un obbligo di qualificazione penale di determinati comportamenti e regolano minimi edittali, sensibilizzazione diplomatica nei confronti di Stati terzi extra Europei.

Il quadro del commercio internazionale dopo l’invasione dell’Ucraina da parte di Mosca appare quindi sempre più complesso ed in questo contesto gli operatori  devono conoscere sempre più approfonditamente le normative internazionali ed europee per poter agire in un panorama internazionale sempre più tortuoso. 

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