Care matricole,
una volta, un nostro coetaneo, personaggio rivoluzionario di un libro molto famoso, disse “se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi”. La frase fu pronunciata da Tancredi, nipote preferito del principe Fabrizio Salina, nel libro Il Gattopardo. Tempo fa, quando lessi quest’opera, seppur abbia provato fin troppa ammirazione per Tancredi (più di quanta ne voglia ammettere), non capii appieno questa frase. “No, ti prego”, si lamentò Don Fabrizio. “sì, per forza”, fu la risposta di Tancredi. Due mondi stavano collidendo, il vecchio e il nuovo. E chi meglio di noi può comprendere la complessità di una simile collisione?
Dopo quasi due anni di letargo siete stati scaraventati nel tumulto caotico dell’Università. Potrebbe sembrare che tutto sia finito, che una pagina della vostra vita si sia conclusa (nel bene o nel male) e che tutto questo è stato solo un incubo di cui disfarsi. Ma guardatevi indietro e pensate a tutto quello che avete vissuto ultimamente.
Ci separano molti anni, qualche ruga, e certamente tantissimi pianti sui libri. Però io e voi abbiamo qualcosa in comune, e non è solo il librone di Costituzionale. Io e voi abbiamo dovuto rinunciare a quelli che molti definiscono i migliori anni della vita. Io, come tanti miei colleghi, ho rinunciato alla mia vita da fuorisede e alla mia vita accademica “dal vivo”, per passare a quella “a distanza”. Voi, agli ultimi due anni di liceo, che ancora ricordo con indicibile malinconia. Siamo stati trasportati da un momento all’altro in un universo parallelo, in cui tutto ciò che ci era familiare era impossibile da realizzare. Ma nonostante questa situazione straordinaria e senza precedenti (almeno in questo millennio), nonostante tutte le nostre certezze siano crollate sotto i nostri occhi, siamo riusciti a costruire qualcosa che ci tenesse in piedi. “Coronavirus’ Lost Generation” è il nome che ci hanno affibbiato dopo l’inizio della pandemia. Abbiamo rinunciato a lauree, feste di compleanno e tutti i momenti per cui vale la pena festeggiare. Ancora peggio è pensare che siamo stati privati di momenti in cui si condivide il dolore con i propri cari. Siamo rimasti gli stessi di prima, ma il nostro mondo è cambiato ed è stato necessario adattarci. Abbiamo affrontato un momento di lutto per tutte le cose che il Covid ci ha portato via. Ma l’abbiamo trasformato in un’esperienza di scoperta, che ci ha svelato quanto prezioso fosse ogni momento che, fino a poco tempo prima, davamo per scontato.
Non siamo affatto una generazione persa. Qualcuno ci ha definito “Welcome Generation”, perché invece di respingere il cambiamento, lo abbiamo accolto e siamo andati avanti, se non oltre.
La redazione di Iuris Prudentes non è stata da meno. Abbiamo certamente rinunciato a tante esperienze che hanno lasciato un segno positivo nella vita accademica dei redattori degli anni precedenti e che per noi non sono state realizzabili. Nonostante ciò, abbiamo creato nuove opportunità per ampliare i nostri orizzonti e spero che voi possiate beneficiarne al meglio.
Forse Tancredi intendeva dirci proprio questo: se vogliamo salvarci, dobbiamo cambiare. Però il vero cambiamento non è visibile agli occhi, è interno. Date sempre il benvenuto alle piccole rivoluzioni interne di ogni giorno e accogliete il cambiamento di questa nuova sfida!