“Gli Stati sovrani riconoscono nel bene acqua una risorsa destinata prioritariamente ad assolvere al fabbisogno essenziale dei cittadini”
Quale altro principio potrebbe meglio esprimere il reale valore dell’acqua? È patrimonio comune dell’umanità ed una risorsa che andrebbe amministrata con il concorso di tutti i cittadini, attraverso una gestione non solo pubblica, ma anche partecipativa.
I primi insediamenti stabili la cui sopravvivenza dipendeva largamente dall’acqua risalgono a 10.000 anni fa. Garantire agli abitanti la disponibilità di acqua priva di agenti patogeni fu una questione che l’uomo si trovò ad affrontare molto presto, e la cui risoluzione costituì uno dei prerequisiti dell’urbanizzazione.
Che i popoli antichi non sottovalutassero affatto il problema della potabilità dell’acqua è dimostrato da diverse narrazioni nelle quali l’acqua assume spesso un significato di purificazione e pulizia spirituale.
Secondo Vitruvio, per esempio, le aree paludose dovevano essere evitate quando si sceglieva il sito per una nuova città. Plinio il Vecchio aveva raccolto nelle sue opere alcune opinioni su quale tipo di acqua fosse la migliore. Galeno, uno dei medici più famosi di tutti i tempi, riassunse le qualità che rendevano l’acqua più igienica.
La clorazione sistematica dell’acqua potabile, in particolare, è una conquista relativamente recente, che ha aperto la strada a un’era in cui i problemi causati dall’acqua inquinata sembrano appartenere a un lontano passato.
Eppure, ancora oggi nel mondo circa 10.000 persone muoiono ogni giorno a causa di patologie dovute alla mancanza di acqua sicura e servizi igienici adeguati.
La carenza di acqua potabile è da considerare un problema globale, che ci riguarda tutti, ma affligge in modo particolare le zone povere del mondo. Qui donne, bambini e ragazze devono raccogliere l’acqua dalle fonti durante tragitti estenuanti. Questo compito impedisce ai più giovani di andare a scuola e diventare, un giorno, cittadini attivi e responsabili
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) per sopravvivere ogni persona deve disporre di almeno 20 litri di acqua al giorno: se l’acqua fosse un elemento indispensabile per la vita, il suo accesso dovrebbe essere innanzitutto un diritto garantito dalla collettività. L’acqua poi è anche una risorsa esauribile, dunque l’uso che ne facciamo deve essere sostenibile: deve tenere conto cioè dei bisogni delle generazioni future.
Nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani del 1948 infatti, l’art. 25 parla di assicurare a tutti un adeguato standard a livello della salute e del benessere, includendo tra questi l’alimentazione, il vestirsi, il diritto alla casa e alle cure mediche.
L’idea di diritti inalienabili per ogni essere umano consiste nell’esistenza di prerogative necessarie affinché l’individuo si realizzi secondo le proprie potenzialità e la propria identità. Si tratta di un concetto basilare delle società democratiche, nonché caposaldo delle costituzioni di molti Paesi e delle principali istituzioni internazionali.
Il riconoscimento giuridico a livello di diritto internazionale del diritto all’acqua è stato ottenuto dopo oltre dieci anni di mobilitazione da parte di Movimenti e del Contratto mondiale sull’acqua per contrastare i processi di privatizzazione e mercificazione della sua gestione e per superare il principio che tale diritto è implicito in altri riconosciuti dalla Dichiarazione dei diritti umani e da altre Convenzioni
Il CeVi, fondatore del Comitato Italiano per un Contratto mondiale sull’Acqua, da diversi anni si è fatto portavoce di queste istanze presso le istituzioni locali, nazionali ed internazionali, insieme ai movimenti della società civile e alle reti del terzo settore presenti non solo in Itala ma anche nel Nord e nel Sud del Mondo.
Nel 2010, su iniziativa di alcuni Paesi latino‐americani, l’Assemblea generale dell’Onu e successivamente il Consiglio dei diritti umani hanno infatti approvato due importanti Risoluzioni che sanciscono il diritto all’acqua e ai servizi igienico‐sanitari come un diritto umano, universale, autonomo e specifico.
Nel 2030 20 milioni di cittadini non avranno ancora accesso all’acqua potabile. Questo non sembra però importare alcuni stati e le stesse nazioni unite che durante negoziati intergovernativi dell’Agenda 2030 hanno posto priorità ai problemi economici prestando più attenzione sui mercati finanziari che verso il reale bisogno degli uomini
L’Obiettivo 6 dell’Agenda propone infatti alla comunità internazionale di “assicurare l’accesso universale all’acqua da bere e ai servizi igienici attraverso un prezzo accessibile e una gestione efficiente e sostenibile.
A far aumentare la richiesta d’acqua sono i fenomeni climatici estremi quali: alluvioni, inondazioni, siccità, innalzamento dei livelli dei mari, associati al ‘‘climate change’’, la crescita demografica, ma anche l’asimmetrico sviluppo socioeconomico e dei modelli di consumo.
Nel 2050 la domanda globale di acqua crescerà del 20-30% rispetto ai livelli attuali, anche a causa della aumentata richiesta per usi industriali, agricoli e domestici.
In Italia la fornitura idrica è un servizio pubblico, cioè è gestito dalla Pubblica amministrazione, al fine di garantirne l’accessibilità fisica ed economica, la continuità, la non discriminazione, la qualità e la sicurezza.
Parlando di accesso pubblico all’acqua non si può non citare il fenomeno delle “Case dell’acqua”, queste sono la versione moderna delle fontanelle pubbliche: erogano acqua potabile di qualità e danno ai fruitori la possibilità di scegliere tra quella liscia o frizzante, a seconda dei gusti.
Tale fenomeno delle Case dell’acqua è nato per contrastare la diffidenza dei cittadini nei confronti dell’acqua del rubinetto, dai più ritenuta non buona e non sicura, diffidenza che, nel corso del tempo, ha spinto i consumatori a preferire l’acqua in bottiglia. Complice la crisi economica, unitamente ad una maggiore sensibilità ambientale, le Case dell’acqua hanno avuto un enorme successo, oggi ce ne sono più di 500 sparse sul territorio nazionale, più nel Nord che nel Sud, più diffuse nei piccoli centri di provincia che nelle grandi città. Si tratta in tutti i casi di acqua di acquedotto. L’acqua naturale è quasi sempre gratuita, mentre quella gassata, ottenuta con l’addizione di anidride carbonica a scopo alimentare, in certi casi è a pagamento: il prezzo è comunque modico, non si superano i 5 centesimi al litro. Il prezzo è giustificato dai costi di gestione che competono ai comuni, come quelli per l’energia elettrica o la fornitura di CO2 per renderla frizzante.
Per noi cittadini di paesi “sviluppati”, ci sembra surreale pensare di non avere a libera disposizione l’acqua eppure, è proprio il pensiero verso coloro che ogni giorno camminano chilometri per raggiungere una fonte dalla quale poter dissetarsi, che dovrebbe spronarci a partecipare attivamente nel dialogo con i grandi leader mondiali al fine di garantire un miglioramento nella situazione dell’accesso all’acqua su scala globale, per superare questi ostacoli occorre una cooperazione a più livelli. La chiave di un miglioramento può ravvisarsi soltanto negli interventi di sensibilizzazione, garantire acqua in ragionevoli quantità per tutti i cittadini del mondo si può, basta volerlo!